sabato 23 marzo 2013

Pepe Mujica Premio Nobel per la Pace? Perché no?




Non ha mai indossato una cravatta e dona circa il 90 per cento del suo stipendio a un programma di espansione delle abitazioni per i poveri, vivendo con 800 dollari al mese assieme alla moglie, Lucía Topolansky. Ha una casetta nella periferia di Montevideo, collocata su un appezzamento di terra dove crescono i crisantemi in vendita nei mercati locali, senza persone di servizio e con due ufficiali che piantonano la casa parcheggiati in una strada sterrata. Per arrivare nella sua dimora bisogna attraversare boschetti di alberi di limone, ha un Maggiolino parcheggiato nel garage e una Vespa con cui ha scioccato i parcheggiatori del Parlamento che lo videro arrivare quando fu eletto deputato nel 2004. Erano gli anni del Broad Front, una coalizione di partiti di sinistra e di socialdemocratici più centristi, e Pepe fu nominato Ministro del bestiame, dell'agricoltura e della pesca. Nel 2010 la svolta: eletto presidente dell’Uruguay ha intrapreso un cammino di riforme puntando i riflettori sui diritti civili e sui più poveri, con iniziative attente all'ambiente come l’incentivazione di eolico e biomassa.

Il Presidente che rilascia interviste preparando il mate offerto in una zucca, che cita spesso il filosofo Seneca per giustificare la scelta di rinunciare ai simboli del potere e della ricchezza e che racchiude il tutto in una frase: “Non sono povero. Ho un paio di cose, è vero, il minimo, ma voglio avere il tempo da dedicare alle cose che mi motivano”.

Il dibattito più acceso Pepe Mujica lo ha suscitato parlando di legalizzazione della marijuana e del suo monopolio affidato allo Stato, misura atta a frenare la microcriminalità e allo stesso tempo le grandi organizzazioni malavitose che speculano sul consumo della droga. La battaglia di Pepe è chiara e decisa e passa per una nuova sfida: insegnare ai giovani il consumo della marijuana non attraverso il fumo ma utilizzandola con cibi come torte, ripieni, empanados o tisane o per condire mayonese e salse. La campagna è stata lanciata in linea con gli inviti del presidente della Corte Suprema di Giustizia, Jorge Ruibal: registrare i consumatori di marijuana ma allo stesso tempo legalizzarla e distribuirla per far uscire i giovani dal mercato della criminalità organizzata. Ed è proprio questo punto del programma, non gradito agli uruguaiani, a far avanzare la proposta da parte della ong olandese Drugs Peace Institute di conferire a Pepe Mujica il Premio Nobel per la Pace. La produzione, distribuzione e commercializzazione della marijuana sarebbe un’alternativa al traffico di droga illegale che alimenta un mercato di droghe anche pesanti. Secondo il presidente dell’Organizzazione, Frans Bronkhorst, “Mujica è il primo al mondo che ha proposto di mettere fine a questa guerra” attraverso un’iniziativa statale che, allo stesso tempo, porterebbe a una diminuzione netta dei crimini commessi dai minori per procurarsi la marijuana.
Ed il passato di Mujica come guerrigliero nei “Tupamarios” contro la dittatura?
“Ho imparato che si può sempre ricominciare”, ama ripetere il Presidente. Dopo i contrastanti e dibattuti conferimenti del Premio Nobel per la Pace a Obama e all’Europa, dovrebbe essere un problema?

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