venerdì 21 settembre 2012

Trasformare la casa in una biblioteca pubblica. Succede a Manila

Sfidare i pregiudizi e gli usi che si credono consolidati per il bene della comunità. La storia di oggi ha per protagonista Hernando Guanlao, un uomo di sessanta anni con la passione per la cultura che dodici anni fa ha deciso di mettere i suoi libri a disposizione dei passanti. Nessun furto, contrariamente alle aspettative, ma un aumento inspiegabile della collezione. È così che è nata questa piccola biblioteca “informale” diventata presto un punto di riferimento per la comunità locale, un luogo dove tutti possono accedere liberamente prendendo i libri che vogliono, anche per sempre. «L’unica regola è che non ci sono regole», ha spiegato in un’intervista alla BBC Guanlao, un metodo che in realtà ha portato a risultati sorprendenti: le persone – oltre a usufruire del servizio gratuito – hanno iniziato a donare volumi innescando un meccanismo automatico di condivisione. Nel 2000, poco dopo la morte dei genitori, Hernando ha deciso di promuovere la lettura per ricordare l’amore per la cultura trasmesso dal padre e dalla madre e onorare la loro memoria. Ha così reso di “uso pubblico” qualcosa di privato, la sua collezione di 100 libri, cresciuta fino a raggiungere tra i 2.000 e i 3.000 volumi grazie a donazioni di persone che hanno chiara l’importanza della cultura in un Paese come le Filippine, dove – nonostante la crescita dell’alfabetizzazione - le priorità sono altre. La biblioteca non è pubblicizzata, eppure un flusso costante di persone accede alla lettura facendosi strada nella casa di Hernando. Persino l’auto in garage è stata spostata per far posto ai libri! Hernando vive dei suoi risparmi e ha deciso di dedicare la sua vita alla piccola grande esperienza della biblioteca, cercando di diffondere l’iniziativa anche in altre parti delle Filippine, fino all’estremo sud. "As a book caretaker, you become a full man". Forse questa la chiosa più bella: essere custodi di un libro rende un uomo completo. L’essenza di fronte alla vita odierna che scorre.

Anche l’ONU si accorge dei militanti jihadisti tra le forze di opposizione siriana. Cade il mito americano della lotta al terrorismo?

In questo conflitto, non c'è un terreno neutrale. Se un governo aiuta i fuorilegge e gli assassini di innocenti, diventa fuorilegge e assassino. E intraprenderà una strada solitaria a suo proprio pericolo (George Bush). Tutti ricorderanno il discorso di Bush in salsa manichea all’indomani dell’11 settembre 2001, eppure oggi qualcosa non torna più. Di cose non ne tornano parecchie, ma conviene sottolineare la poca importanza data al recente rapporto delle Nazioni Uniti che conferma la presenza di stranieri tra le forze dell’opposizione siriana, non solo persone che spontaneamente decidono di partecipare a quella che qualche mese fa si voleva far passare per una nuova “primavera” araba, ma veri e propri terroristi appartenenti – come documentato dalla BBC Arabic (variante in lingua araba del canale britannico BBC World) ai battaglioni del cosiddetto Jabhat al-Nasra e ad un gruppo denominato “Jihadiya” o organizzati in cellule autonome. Lunedì scorso, a Ginevra, Paulo Sergio Pinheiro, membro della Commissione d´Inchiesta indipendente dell´ONU sulla situazione in Siria, ha condannato duramente gli “omicidi, le esecuzioni extragiudiziali e le torture” inflitte alla popolazione siriana dall’esercito ribelle. Un muro si rompe, dopo mesi di tentativi di far luce sulla complessa questione siriana, dove un balletto di cifre e un’informazione manipolata e persino “ritoccata”, continua a far leva su parole e propositi che ricordano altri avvenimenti, molti nemmeno troppo lontani. Una voce, quella delle Nazioni Unite, ufficiale: non più banali teorie antimperialiste, accuse di complottismo, guerra di fonti e attendibilità, ma il resoconto di un rappresentante dell’Onu chiamato a pronunciarsi sulla situazione siriana. C’è un legame con la Cia? Chi arma i ribelli? Il New York Times, già nel giugno di quest’anno, gettava ombre sull’intelligence americana, rivelando la strategia sottile adottata dalla Casa Bianca: agenti al confine tra Turchia e Siria per fornire armi provenienti dal Qatar, dalla Libia, dall’Arabia Saudita e coordinare i gruppi di ribelli. Il 3 settembre la voce di un accordo tra lo sceicco yemenita Tariq al-Fadhli (noto esponente di Al Qaeda) e Stati Uniti/Arabia Saudita, con l’invio di 5.000 combattenti jihadisti in Siria. Ad agosto il CFR (Council on Foreign Relations) elogiava l’abilità di combattimento e l’efficacia dei combattimenti di Al Qaeda, gli stessi accusati dagli Usa di aver sferrato il più duro attacco terroristico nella storia mondiale l’11 settembre 2001… e il CFR non è una semplice sigla: si tratta di uno dei più influenti think thank americani, con una rete di connessioni con il dipartimento di Stato Usa. Secondo il CFR, i ribelli siriani - per disorganizzazione interna - necessitano della presenza di Al Qaeda come guida, indispensabile per “disciplina, fervore religioso, esperienza di battaglia dall'Iraq, finanziamenti da simpatizzanti sunniti nel Golfo”. Cade il mito della rivoluzione spontanea e non pilotata dall’esterno, mentre si fanno pesanti le responsabilità dell’Occidente nella destabilizzazione dell’area mediorientale. Come ha ammonito in una recente intervista il Presidente della Commissione parlamentare per gli affari esteri russo, Aleksey Pushkov, la Siria potrebbe trasformarsi in un secondo Iraq, con estremisti musulmani che potrebbero arrivare al potere favoriti dalle forze occidentali. La prospettiva di abbattere uno stato comunque laico appare inquietante. Non semplice retorica dietro le parole di Pushkov, ma lucida e attenta analisi della situazione, considerando gli sviluppi delle fantomatiche primavere arabe e l’innestarsi di movimenti fondamentalisti che stanno ripristinando estremismi ben noti. Non a caso i cristiani di Aleppo organizzano gruppi di autodifesa armati dall’esercito di Assad e testimonianze critiche si alzano da agenzie di stampa cattoliche quali Fides che temono le persecuzioni post regime. I media tradizionali sembrano accorgersi finalmente della presenza di terroristi in Siria, senza dare troppa importanza agli avvenimenti o continuando a trattarli come episodi isolati dai contesti. Dovrebbe essere più chiaro ai convinti sostenitori dell’ennesima esportazione di democrazia, che non ci sia l'intento di prevenire una catastrofe umanitaria in Siria o istanze filantropiche. La questione siriana è molto più complessa, chi vuole continuare a ridurla a un evento "in superficie" può farsi una semplice domanda: chi combatte chi? http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=ugfcTCJbsF8 http://it.euronews.com/2012/09/17/onu-migliaia-di-jihadisti-nella-rivoluzione-siriana/ http://www.corriere.it/esteri/12_giugno_21/siria-agenti-segreti-cia_e98fec26-bba2-11e1-b706-87dd3eab4821.shtml http://www.alterinfo.net/notes/Syrie-Nombre-croissant-d-elements-etrangers-dont-des-islamistes-selon-l-ONU_b4730927.html http://www.infowars.com/cfr-strategist-praises-al-qaeda-bombings-in-syria/ http://www.guardian.co.uk/world/2012/jul/30/al-qaida-rebels-battle-syria http://english.ruvr.ru/2012_09_17/Islamic-radicals-will-grab-power-in-Syria-if-Assad-is-overthrown-official/ http://www.prisonplanet.com/al-qaeda-leader-strikes-deal-with-u-s-saudis-to-send-5000-fighters-to-syria.html

lunedì 17 settembre 2012

In Brasile nasce la “Bicicloteca”, una biblioteca a pedali… Per diffondere il messaggio che un libro può cambiare la vita

Un progetto che integra istanze pedagogiche e rispetto per l’ambiente e sta trovando ampia diffusione in diverse parti del mondo. Da San Paolo un’idea di democratizzazione della cultura e mobilità sostenibile. Nata per i senzatetto, la Bicicloteca oggi è estesa a tutti.
Un triciclo con una capacità di 150 kg., una sorta di scatola delle meraviglie moderna, che passa per le strade della città di San Paolo diffondendo il messaggio che un libro può cambiare la vita. L’uomo che è diventato il simbolo dell’iniziativa si chiama Robson Mendonça ed è un bibliotecario di 61 anni che ha le spalle un passato come senzatetto nelle periferie brasiliane. È stata la lettura de La fattoria degli animali di George Orwell a cambiargli improvvisamente la vita; dopo aver abbandonato per diversi anni la quotidianità e un’identità sicura e riconosciuta, Robson ha accettato l’invito di Lincoln Paiva, presidente dell’Instituto Mobilidade Verde (http://institutomobilidadeverde.wordpress.com/biciclotec,una ong che si occupa di sostenibilità ambientale) ad avviare una nuova iniziativa di "democratizzazione" culturale: ad agosto del 2011 la prima “bicicloteca” ed in seguito, grazie a donazioni private, il progetto si è esteso in maniera capillare alle periferie e alle aree delle città difficilmente raggiungibili attraverso i canali tradizionali delle biblioteche. Ha iniziato a macinare chilometri per le strade del centro, nelle piazze pubbliche fino alle zone malfamate di San Paolo, parlando con i senzatetto, raccontando la sua storia e l’incontro con Orwell, e permettendo ai poveri di usufruire della lettura di libri superando l’iter burocratico che rendeva difficile l’accesso a quel tipo di servizio: l’esibizione di un documento di identità che, chi vive per strada, non ha. A un anno di distanza, il bilancio è positivo. L’iniziativa ha conquistato anche studenti e lavoratori ed è stato inserito a pieno titolo in una serie di progetti che conciliano la democratizzazione della cultura e la mobilità sostenibile. Sono stati concessi in prestito 107.000 libri (anche in alfabeto Braille), è disponibile un deposito di 30.000 volumi, grazie anche al contributo delle donazioni private e tra i servizi offerti c’è anche la connessione gratuita ricorrendo all’energia solare. Piccole storie quotidiane dell'altra parte del mondo, storie che cambiano la vita, tra creatività e amore per l’essere umano.